Autore: Valerio Dutto | Condividi su:
Un itinerario selvaggio, recentemente ripristinato da alcuni volontari che con un grande lavoro l’hanno reso nuovamente percorribile. Deve il suo nome alle numerose formazioni rocciose che vengono toccate durante il cammino e che culminano con la Guglia del Nivo, stupendo punto panoramico proteso verso il vallone di Gilba. Il percorso è consigliato nelle mezze stagioni, quando la vegetazione non è troppo rigogliosa.
Accesso in auto: superato Brossasco, appena prima del ponte che scavalca il torrente Varaita, svoltare a destra su una ripida e stretta stradina asfaltata (indicazioni per Valcurta). Superare con numerosi tornanti alcune piccole borgate tra le quali Sant’Eusebio. Lasciare l’auto nel nuovo parcheggio dopo Perotti superiore, dove termina l’asfalto.
Procedere sulla strada sterrata. Superare un traverso e alcuni tornanti raggiungendo una radura dalla quale vale la pena fare una deviazione (contare 45 minuti tra andata e ritorno) verso la piccola cappella di San Michele, ben visibile più in alto. Questa variante è stata recentemente dedicata a Pietro Bussi, volontario scomparso nel 2020 che per anni si occupò della manutenzione della chiesetta.
Procedere sulla sterrata o eventualmente imboccare un centinaio di metri dopo il termine della radura una scorciatoia che taglia un tornante. Giunti all’altezza di una seconda scorciatoia ignorarla per procedere sulla comoda sterrata.
Subito dopo un ulteriore tornante abbandonarla per una pista forestale che si stacca verso destra. Quasi subito piegare ancora verso destra sul sentiero che sale ripido in un fitto bosco misto.
Più in alto ignorare alcune tracce laterali e proseguire sempre dritto in salita. Agganciata una pista forestale seguirla verso destra. Confluiti su una seconda seguire anch’essa verso destra. Poco oltre è possibile prendere una deviazione che in una decina di minuti conduce prima alla roccia i Bec e successivamente alla panoramica roccia Napuleun, complessivamente conosciute come rocce Scamoscere.
Ritornati sulla pista forestale seguirla in salita fino a quando questa finisce sulla cresta nei pressi della roccia Artesin. Piegare verso sinistra sul sentiero che supera il piano d’Aval e arriva alla più ampia spianata del pianol d’Amun, con un tavolo e panche immerso nel bosco.
Piegare leggermente verso sinistra seguendo i bolli rossi. Il sentiero riprende a salire tra betulle e un sottobosco di mirtilli fino a un culmine dove si trovano tre roccioni accatastati. Dopo una breve discesa riprende a salire fino ad alcune rocce che anticipano l’arrivo alla spettacolare guglia del Nivo (1.300 m), punto più alto dell’itinerario, dalla quale si godono ottimi panorami sul vallone di Gilba.
Dopo una meritata pausa scendere dalla parte opposta, superare con facilità alcune roccette e procedere su una bella traccia che serpeggia tra betulle, mirtilli e rododendri. Più in basso lasciare a sinistra la roccia Spion, un’enorme pietra piatta sotto cui si trova una piccola nicchia. Durante la seconda guerra mondiale si nascosero qua alcuni partigiani, mentre una truppa di tedeschi sulle loro tracce camminarono ignari a pochi centimetri dalle loro teste.
Seguendo i bolli rossi mantenersi all’incirca sulla dorsale, superare la roccia Barlet, un punto panoramico e l’avvallamento della Tompa. In breve arrivare in una zona disseminata di betulle unite tra loro da sottili tubicini: qui, tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, l’azienda Biula raccoglie piccole quantità della loro preziosa linfa, molto utilizzata in erboristeria per le proprietà depurative e diuretiche.
Scendere ancora all’ormai vicino colle San Bernardo delle Sottole (fontana), crocevia di strade e sede di una piccola cappella dedicata a san Bernardo da Mentone.
Svoltare a sinistra e quasi subito tenere ancora la sinistra percorrendo una comoda sterrata che in falsopiano taglia una pineta. Dopo trecento metri abbandonarla per una mulattiera che si stacca a destra conducendo alle Meire del Nivo, una borgata ormai abbandonata divisa in due nuclei distinti. Le case, tutte in pietra, sono oggi circondate dai boschi, ma un tempo l’area era coltivata con campi di patate, avena, frumento e segale.
Proseguire su un bel viottolo delimitato da lose disposte in verticale (fontana), poi percorrere un bellissimo sentierino che con dolci saliscendi supera un’antica baita in pietra e poco oltre riconfluisce sulla sterrata abbandonata in precedenza.
Seguirla verso destra raggiungendo quasi subito il santuario della Madonna delle betulle, incantevole posto panoramico che domina Melle dall’alto. La leggenda vuole che ai piedi di una betulla, proprio dove ora sorge il santuario, sia apparsa a un bimbo mellese la Madonna con il bambino Gesù.
Proseguire sulla comoda sterrata che passa ai piedi della borgata meira Pantoisa, ben adagiata su una soleggiata radura.
Poco oltre è possibile prendere una scorciatoia a destra oppure proseguire sulla sterrata ricongiungendosi al percorso compiuto all’andata. Non resta che seguirlo a ritroso tornando fino all’auto.